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L’assistente educativo fra stato dell’arte e (provocatorie) prospettive di riforma

L’assistente educativo fra stato dell’arte e (provocatorie) prospettive di riforma[1]

RIFERIMENTI NORMATIVI E FUNZIONI

L’assistente per l’autonomia e la comunicazione è una figura professionale, prevista dall’art. 13, comma 3 della l. 104/92[2], legge che con terminologia, ormai desueta, operava per l’integrazione sociale, e dunque scolastica, degli alunni con handicap.

Compito di quelli che, per brevità, sono sempre stati prevalentemente chiamati assistenti educativi, era quello di affiancare gli insegnanti di sostegno nell’attività didattica, divenendo, quindi, strumenti, o meglio, operatori professionali a supporto dell’integrazione, per il tramite di competenze specifiche da estrinsecarsi nella facilitazione dell’apprendimento dell’allievo e/o nel suo relazionarsi con i docenti e con la classe.

“L’assistente educativo scolastico è una figura che interviene nei processi di apprendimento e socializzazione dell’alunno con disabilità per potenziarne le capacità in ambiti quali l’autonomia e la gestione degli aspetti cognitivi e relazionali”[3].

Essendo normativamente prevista, la figura dell’assistente educativo deve obbligatoriamente accompagnare il percorso di educazione di ogni alunno o alunna con certificazione ex l.104/92.

Nonostante sia formalmente assegnato ad personam, l’assistente è chiamato ad intervenire in un’ottica inclusiva per migliorare le relazioni e il benessere del gruppo classe, per favorire lo sviluppo affettivo e sociale di tutti. Non si tratta, quindi, di una figura di mera assistenza, ma di una figura educativa a tutti gli effetti, parte integrante del sistema del sostegno scolastico. Inoltre, non di rado gli assistenti svolgono una importante funzione di cerniera tra scuola, classe, territorio, vita sociale dei bambini con disabilità: se e quando il loro ruolo è inteso in senso pedagogico, essi possono rappresentare proprio quel ponte tra PEI e progetto di vita che dà pieno significato al concetto di inclusione.

CRITICITA’

In realtà, la formulazione dell’art. 13, comma 3, ne fa menzione in un inciso, focalizzando l’attenzione più sull’insegnante di sostegno. Recita, infatti, il detto articolo: “Nelle scuole di ogni ordine e grado, fermo restando, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, e successive modificazioni, l’obbligo per gli enti locali di fornire l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali, sono garantite attività di sostegno mediante l’assegnazione di docenti specializzati.”

Ora, se come insegna il Prof. Francesco Sabatini, linguista e Accademico della Crusca, “il linguaggio è il binario lungo il quale si muove il pensiero”, avere individuato una figura professionale obbligatoria, in un inciso grammaticale, in una subordinata, produce l’effetto in chi legge, della sua accessorietà.

Dall’esegesi alla realtà il passo è quasi consequenziale, poiché per trent’anni, dal 1992 a oggi, non solo, per quanto è dato sapere, non vi è mai stato un decreto o una circolare del Ministero dell’Istruzione o un qualunque atto formale – e uso volutamente questa terminologia poco tecnica – che ne riconoscesse lo status giuridico o ne definisse compiutamente il profilo professionale o le specifiche mansioni, sia pure per paradigmi (solo una nota del MIUR del 2001, la n.3390, differenzia fra assistenza di base, di competenza del personale ATA, dall’assistenza specialistica, nei casi dei vari deficit, operando un richiamo espresso alla l.104 e rinviando, per competenza, agli Enti Locali) – ma si è determinata, nella pratica, una confusione di ruoli e di competenze con altre figure professionali e con altri operatori scolastici e, a dispetto della previsione obbligatoria, un’ eventualità della presenza dell’assistente educativo nel personale scolastico a supporto degli alunni con disabilità.

Il tarlo che ha determinato nel tempo una polisemia di profili professionali e operativi è da ritrovarsi nell’attribuzione della competenza alla somministrazione di tali operatori agli Enti Locali.

Da ultimo, il D. Lgs. 112/98, sul decentramento amministrativo, di attuazione della Bassanini (L.59/1997), all’art. 139, attribuisce definitivamente “i servizi di supporto organizzativo del servizio di istruzione per gli alunni con handicap o in situazione di svantaggio” alle Province, con riferimento all’istruzione secondaria di secondo grado, e ai Comuni in relazione agli altri gradi inferiori di scuola.

Questa potrebbe essere stata la principale causa di deficit dell’inserimento del personale di supporto specializzato nelle Scuole, quasi sempre o per carenza di risorse economiche o per discontinuità nell’erogazione del servizio da parte di soggetti esterni, a cui la gestione era stata affidata.

Lacune e disagi che sono stati evidenziati anche da una recente ricerca condotta dalla Facoltà di Pedagogia dell’Università di Ferrara, referente Prof.ssa Silvia Zanassi, la quale, pur evidenziando che la domanda di assistenza educativa scolastica sta crescendo molto negli ultimi anni – secondo l’ISTAT (Rif. A.S.2020/2021) ad oggi nelle scuole italiane operano più di 60.000 assistenti, pari a circa un terzo degli attuali posti di sostegno: una presenza significativa e non solo dal punto di vista numerico – non può mancare di far notare che i numeri non sono equamente distribuiti sul territorio nazionale e, soprattutto, rilevante in questo processo d’inclusione professionale è la gestione affidata agli Enti Locali, con tutte le variazioni di modelli organizzativi e di paradigmi che ne derivano.

A parere della scrivente, anche la mancanza sia a livello regionale che a livello nazionale di un’associazione di categoria può aver fortemente contribuito ad assottigliare lo spessore di competenze e l’enorme contributo di professionalità che da tale figura può derivare.

Da ricerche effettuate, negli elenchi delle professioni non riconosciute al MISE, ai sensi della l.4/2013, risulta solo un’associazione professionale, l’AIPAC, ASSOCIAZIONE ITALIANA PROFESSIONISTI ASSISTENTI ALLA COMUNICAZIONE, che sembrerebbe avere un profilo specificamente orientato a dare assistenza agli allievi con sordità.

La mancanza di un’associazione di riferimento, con conseguente inesistenza di un albo interno all’associazione è una lacuna che i professionisti dell’educazione dovrebbero al più presto colmare, per rafforzare la propria identità e per valorizzare le proprie competenze.

SPECIFICHE COMPETENZE

Quali sono i compiti che specificamente possono svolgere gli assistenti educativi? Quella riportata è una domanda ricorrente da parte delle allieve dei Corsi per Assistente Educativo, attivati negli anni dalla Scuola Superiore di Psicologia Applicata “G. Sergi” di Palmi.

La risposta può risiedere nelle parole della Prof.ssa Zanassi: Nella “ecologia complessa di supporto alla scuola inclusiva”, l’assistente è chiamato ad intervenire sia sul singolo allievo che trasversalmente sulla classe nella progettazione, realizzazione e valutazione di interventi quanto più integrati con quelli educativi e didattici dei docenti, proponendo strategie per perseguire le finalità formative e di sviluppo complessivo della persona. Rientrano nei suoi compiti: favorire la socializzazione e l’inclusione dell’alunno nel gruppo classe; favorire lo sviluppo delle autonomie dell’alunno; collaborare al sistema del sostegno della didattica curriculare; collaborare alla stesura e aggiornamento del PEI; partecipare ai GLO e ai momenti di lavoro in équipe della scuola; lavorare con l’alunno e la classe per lo sviluppo cognitivo e metacognitivo, il rafforzamento delle competenze relazionali/comunicative e di gestione delle emozioni, lo sviluppo dei comportamenti pro-sociali, il miglioramento dell’autostima individuale; promuovere relazioni efficaci con le famiglie.

PROPOSTA DI LEGGE

Incardinato lo scorso 25 febbraio, presso le Commissioni Lavoro e Istruzione della Camera dei Deputati, è il disegno (rectius, proposta) di legge n. 236, avente ad oggetto “Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, e al decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66, concernenti l’introduzione del profilo professionale dell’assistente per l’autonomia e la comunicazione nei ruoli del personale scolastico”.

Oggetto specifico della proposta è “l’internalizzazione” al MIME della figura professionale dell’assistente per l’autonomia e la comunicazione, prevista dall’art. 13 della L.104/92.

L’iniziativa è stata portata avanti dal MISAAC, un Movimento che punta all’istituzionalizzazione e all’internalizzazione degli assistenti educativi, prevedendo che non siano più gli Enti Locali, ma il MISE competente all’erogazione del servizio.

La proposta di legge intende introdurre nell’organico del personale scolastico la figura dell’assistente per l’autonomia e la comunicazione, come figura fondamentale per garantire l’effettivo processo d’inclusione scolastica degli alunni con disabilità, dare certezza alle famiglie, che non saranno più costrette a ricorrere al giudice per far valere un diritto fondamentale dei loro figli, e valorizzare personale altamente qualificato e specializzato, liberandolo, al contempo, da una condizione di precarietà lavorativa e retributiva e garantendo l’applicazione del CCLN del comparto scuola.

Ciò comporterebbe la stabilizzazione, con definizione contrattuale di orari di lavoro e di retribuzione degli assistenti educativi, attraverso un concorso su base regionale, di coloro che “hanno svolto, per almeno trentasei mesi, anche non continuativi, funzioni di assistenza per l’autonomia e la comunicazione presso le istituzioni scolastiche pubbliche e che sono in possesso del diploma di scuola secondaria di secondo grado”.

Costituiscono criteri preferenziali, una serie di certificazioni che attestano la conoscenza e la frequenza di corsi LIS, Braille, per gli assistenti degli alunni con disabilità intellettiva e disturbi del neurosviluppo: il possesso di uno specifico attestato formativo in una delle tecniche cognitivo-comportamentali ovvero nella comunicazione aumentativa e alternativa.

PROVOCAZIONE

Può davvero questa proposta definirsi rivoluzionaria e conferente con i principi dell’inclusione scolastica e delle pari opportunità?

A giudizio di chi scrive, si corre il rischio di perdere una bella occasione per una riforma che sia effettivamente incentrata sulla valorizzazione delle competenze professionali e sulla realizzazione di una scuola inclusiva.

E questo perché quella riportata è una proposta di legge troppo legata al contingente e ad un dato normativo desueto.

Se ragioniamo per principi e cerchiamo di aprirci ai valori universali, quello dell’inclusione scolastica e della realizzazione di un’istruzione di qualità è il quarto dei 17 goals dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile voluta dall’ONU e uno dei tre principi che sorreggono i 17 obiettivi è il “leave non one behind” (gli altri due sono: approccio fondato sui diritti umani e gender equality e women’s empowerment)[4].

Leave no one behind significa rimuovere tutte quelle forme di discriminazione che non consentono la piena inclusione e l’effettiva partecipazione al progresso umano.

Trasferiamo questo concetto nell’alveo dei nostri principi costituzionali e abbiamo come faro il principio di eguaglianza, di cui all’art. 3 Cost.

Sul piano normativo, emerge la direttiva del 27 dicembre 2012 sui BES, che favorisce e promuove l’inclusione a 360°, comprendendo anche i DSA e lo svantaggio sociale.

Del resto, la terminologia BES è italianizzazione dei SEN del rapporto WARNOCK, e in quel rapporto, pur dedicato ai soli alunni portatori di handicap, si faceva menzione al fatto che molte difficoltà di apprendimento in ambito scolastico fossero derivate da carenze sociali e familiari.

La proposta provocatoria è di affrancare l’assistenza educativa dal supporto agli alunni con handicap (cosa che, secondo Zanassi, in via pratica viene effettuata attraverso il ricorso ai fondi FESR) e di estenderla a tutte le categorie di alunni con BES.

Supporta questa conclusione, non solo un’argomentazione basata sui principi, ma anche un’analisi testuale della norma e di due riferimenti in particolare:

1) l’art. 16 del D. Lgs. 66/2017, che fa riferimento al diritto a garantire l’istruzione domiciliare, e che verrebbe interessato anche dall’attuale proposta di riforma, alle bambine e ai bambini, alle alunne e agli alunni, alle studentesse e agli studenti per i quali sia accertata l’impossibilità della frequenza scolastica per un periodo non inferiore a trenta giorni di lezione, anche non continuativi, a causa di gravi patologie certificate, anche attraverso progetti che possono avvalersi dell’uso delle nuove tecnologie. Dunque, non solo alunni con handicap.

2) il già citato art. 139 del Decreto legislativo sul decentramento amministrativo, che nell’individuazione degli strumenti di supporto all’istruzione, alla disabilità affianca le “condizioni di svantaggio”.

Una riflessione e una maggiore ponderazione in questa direzione avrebbe il pregio di garantire la valorizzazione professionale degli assistenti educativi, un’inclusione effettiva e il raggiungimento delle pari opportunità, favorendo, altresì, l’inclusione sociale con la possibilità di un’estensione dell’assistenza educativa anche oltre l’ambito scolastico (pensiamo alla formazione professionale o, ove possibile, ai percorsi universitari).

 

 

 

 

[1] Il presente articolo riproduce il testo della relazione tenuta dall’Avv. Anna Pizzimenti al Seminario di Studi su “Assistenza Educativa: Strumento Per l’Inclusione Degli Alunni”, svoltosi per iniziativa della S.S.P.A. “G. Sergi”, a Palmi il 3 marzo 2023.

[2] La L.104/92 è stata recentemente oggetto di modifiche da parte del D.Lgs. n. 62/2024, denominato Decreto Disabilità, che ha inciso, in modo particolare sull’art. 3. L’art. 13 citato nel testo, e oggetto della presente disamina, non ha subito alcuna interpolazione, sicché le argomentazioni che da esso si sviluppano possono ritenersi a tutt’oggi valide.

[3] S. Zanassi, L’assistenza educativa per gli alunni con disabilità: uno sguardo sui modelli organizzativi in prospettiva inclusiva, in Annali online della Didattica e della Formazione Docente, Vol. 14, n. 23/2022, pp. 197 ss.

[4]Per un approfondimento sul tema: www.undp.org/sites/g/files/zskgke326/files/publications/Brochure_LNOB_web.pdf